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Fiorella Mattioli, Carcano La tomba di Mimulfo a San Giulio d’Orta e altre memorie longobarde nel novarese

Salone Teresiano

12 ottobre 2017 - Conferenza

Giovedì 12 ottobre 2017 ore 17, in occasione della Mostra Regine e Re longobardi, la Biblioteca, il collaborazione con il Soroptimist Club di Pavia, è lieta di organizzare la conferenza di Fiorella Mattioli Carcano, La tomba di Mimulfo a San Giulio d’Orta e altre memorie longobarde nel novarese.

 

Nell’ambito della ripartizione del regno longobardo in ducati, il ducato di San Giulio costituisce una situazione particolare: non viene toponomasticamente collegato con un centro urbano; Paolo Diacono cita il nome di Mimulfo, dux de Insula sacti Iulii, dal 575 circa. L’Origo gentis Langobardorum riferisce del tradimento di Mimulfo, che probabilmente aveva ceduto il passaggio ai Franchi, lungo l’antica strada che correva a mezza costa sul Cusio orientale, collegamento fra la bassa novarese, e di qui a Pavia, con l’oltralpe.

Il ducato sarebbe stato costituito già nei primi anni dalla conquista longobarda.  Non è chiaro il motivo per cui la sede del ducato sia stata posta all'Isola di San Giulio, e non a Novara, antico centro romano, sede della cattedra episcopale, in analogia con quanto accadde per gli altri ducati di area piemontese, quali Ivrea, Torino e Asti. Novara era stata abbandonata già durante la guerra greco-gotica dal vescovo Filacrio, che si era rifugiato sull’isola di San Giulio, dove esisteva una poderosa fortificazione già all’inizio del VI sec., e dove, dopo vent’anni di residenza, era morto nel 553.

La presenza longobarda nell’area dell’attuale diocesi novarese (province di Novara, Cusio Ossola e Valsesia), è attesta in alcuni luoghi, quali Oleggio (Olegio Langobardorum) e Gozzano, con numerose sepolture longobarde.

Nel 1688, negli scavi volti alla ricerca della tomba di san Giulio, venne alla luce un sarcofago con i resti di un cadavere acefalo. La lastra di chiusura, che recava la scritta MEYNU.L, andò perduta, mentre il piccolo sarcofago venne riutilizzato quale cassa per le elemosine, tuttora visibile in basilica di San Giulio.

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