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Matteo Brera. Novecento all’Indice Gabriele d’Annunzio, i libri proibiti e i rapporti Stato-Chiesa all’ombra del Concordato

Salone Teresiano

9 febbraio 2017 - Presentazione nuove pubblicazioni

CopertinaGiovedì 9 febbraio alle ore 17.00, nel Salone Teresiano, verrà presentato il libro di Matteo Brera Novecento all’Indice. Gabriele d’Annunzio, i libri proibiti e i rapporti Stato-Chiesa all’ombra del Concordato.

Ne discutono con l’Autore i docenti dell’Università degli Studi di Pavia Carla Riccardi (Letteratura Italiana) e Annibale Zambarbieri (Storia del Cristianesimo e delle Chiese).

La storia dell’Indice dei libri proibiti si può far risalire alla bolla Licet ab initio promulgata da papa Paolo III nel 1542 con la quale fondò la “Santa Romana Inquisizione Universale”. Oltre a preservare la purezza della fede e punire i reati contro di essa, uno dei colpiti principali del collegio cardinalizio era quello di combattere l’eresia, vigilando anzitutto sui libri.

Tutte le opere che finivano all’Indice erano contrarie alla religione, e l'elenco fu pubblicato più di quaranta volte fino alla sua soppressione dopo il Concilio Vaticano II, nel 1966.

L’apertura degli archivi vaticani ha permesso uno studio approfondito delle pratiche della censura libraria adottate dalla santa Sede, in cui sono incappati i nomi più importanti della scienza, della filosofia e della letteratura, per citarne alcuni Giordano Bruno, Galileo Galilei, Francesco Bacone, Immanuel Kant, d'Alembert e Diderot, Benedetto Croce, gli scrittori Honoré de Balzac, Alexandre Dumas padre e figlio, Gustave Flaubert e Victor Hugo, Vittorio Alfieri, Ugo Foscolo e Giacomo Leopardi.

Sulla base di una documentazione ancora largamente inedita e reperita per lo più negli archivi vaticani, Matteo Brera dimostra che l’istituto della censura librorum era anche (o soprattutto) un’arma di offesa politica.

L’Autore si sofferma poi sulle motivazioni sottese alle denunce e alle condanne all’Indice del “pericoloso sensuale” Gabriele d’Annunzio, scrittore disapprovato tanto per la sua letteratura osceno-mistica quanto perché rappresentava in pieno le frange estreme di quel modernismo combattuto dalla Chiesa più ortodossa.

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